La non-violenza: la più appropriata ed efficace risposta ai conflitti umani
Gli attacchi dell’11 settembre al World Trade Centre e al Pentagono sono stati davvero scioccanti e tristi. Considero queste azioni atti di odio tremendamente distruttivi, perché la violenza è il risultato delle emozioni distruttive. Eventi come questi rendono evidente che se permettiamo all’intelligenza umana di essere guidata e controllata da emozioni negative, come l’odio, le conseguenze sono disastrose.
Agire
Come affrontare simili attacchi è una domanda difficile. Naturalmente, coloro che stanno occupando questo problema potranno avere le idee più chiare, ma ritengo siano necessarie delle attente riflessioni e che si debba rispondere a un atto di violenza adottando i principi della nonviolenza. Questo è della massima importanza. Gli attacchi agli USA sono stati scioccanti, ma vendicarsi scatenando una guerra potrebbe non essere la soluzione migliore a lungo termine. In definitiva, soltanto la nonviolenza può mettere un freno al terrorismo. I problemi che affliggono la società umana dovrebbero essere risolti in maniera umana, e la nonviolenza fornisce l’approccio più appropriato.
Non sono esperto di queste questioni, ma sono abbastanza sicuro che se i problemi venissero affrontati con una mente calma, adottando i principi della nonviolenza e tenendo bene a mente la sicurezza del mondo a lungo termine, si potrebbero trovare numerose soluzioni. Naturalmente, in circostanze particolari si potrebbe rendere necessario un atteggiamento più aggressivo.
Il terrorismo non può essere sconfitto con l’uso della forza perché non tiene in considerazione la complessità che ne sta alla base. L’uso della forza, infatti, non solo può non portare ad alcuna soluzione, ma può addirittura esacerbare la situazione, avendo il più delle volte come unico esito distruzione e sofferenza. I problemi umani andrebbero risolti con la compassione. La chiave è la nonviolenza.
Azioni militari di rappresaglia da parte degli Stati Uniti potranno anche sul breve termine dare qualche risultato soddisfacente, ma non sconfiggeranno il terrorismo. E’ necessario intraprendere azioni di lungo termine. Gli Stati Uniti devono esaminare i fattori che hanno alimentato il terrorismo e lo hanno fatto crescere. Ho scritto al Presidente Bush, pregandolo di mantenere il controllo e di non cercare una vendetta altrettanto brutale per gli attacchi dell’11 settembre. Gli ho manifestato tutta la mia vicinanza, ma gli ho anche segnalato che rispondere alla violenza con una violenza ancora maggiore potrebbe non essere la risposta giusta. Vorrei sottolineare che parlare di nonviolenza quando tutto va bene non è di grande utilità, ma è quando una situazione diventa veramente difficile e critica che dobbiamo pensare e agire in modo nonviolento.
Talvolta, l’intervento di mediatori o di organizzazioni non governative possono rivelarsi efficaci nel porre rimedio ad alcuni conflitti nel mondo. Tuttavia, una delle cose che ho suggerito a numerosi membri del Parlamento Europeo, durante una mia recente visita, è stato che forse - proprio sotto l’egida del Parlamento Europeo - si potrebbe organizzare un incontro tra persone sinceramente preoccupate della pace nel mondo e impegnate nelle organizzazioni non governative per discutere in quale modo la questione del terrorismo possa essere affrontata e risolta. Sarebbe opportuno prevedere anche la presenza di persone considerate dei terroristi, o fiancheggiatori del terrorismo, in modo da poter davvero comprendere per quali ragioni fanno uso e incoraggiano il terrorismo. Ma là ove essi non dimostrassero di avere reali rimostranze o motivazioni valide, la situazione andrebbe immediatamente chiarita per evitare qualsiasi fraintendimento o sospetti infondati.
I conflitti umani non sorgono dal nulla. Sono il risultato di cause e condizioni, molte delle quali sono sotto il controllo dei protagonisti. Per questo la leadership è importante. Sta nella responsabilità dei nostri leader decidere quando agire e quando adottare moderazione. E nel caso dei conflitti, è importante tenersi a freno prima che la situazione diventi incontrollabile. Quando si manifestano le cause e le condizioni che conducono a esplosioni di violenza, allora è già troppo tardi per ristabilire la pace. La violenza porta più violenza, non c’è dubbio. Se istintivamente ci vendichiamo quando ci viene fatta violenza, che cosa possiamo aspettarci dagli altri quando a loro volta ritengono di aver subito un torto che va vendicato? Questo è il modo in cui la violenza si ingigantisce. Moderazione e misure preventive devono essere adottate fin dalle fasi iniziali; i leader devono essere vigili, lungimiranti e risoluti.
Tutti desiderano vivere in pace, ma spesso non abbiamo le idee chiare su come raggiungere questo obiettivo. Mahatma Gandhi lo ha ribadito più volte: dato che la violenza non porta altro che violenza, se siamo seriamente interessati alla pace dobbiamo cercare di raggiungerla attraverso metodi pacifici e nonviolenti. Potremmo essere tentati di usare la forza perché potrebbe apparirci una risposta risoluta, ma è davvero l’ultima risorsa perché la violenza è imprevedibile. L’intenzione iniziale potrebbe essere quella di un uso limitato della forza, ma la violenza scatena anche conseguenze impreviste. In generale, la violenza è il metodo sbagliato in quest’epoca moderna. D’altra parte, se l’umanità avesse adottato un approccio più lungimirante e comprensivo, molti dei problemi che ci troviamo ad affrontare ora sarebbero stati già risolti rapidamente.
Dobbiamo continuare a sviluppare una prospettiva più vasta, pensare in modo razionale ed evitare futuri disastri adottando un approccio nonviolento. Questi temi riguardano l’intera comunità umana, non un singolo paese. Potremmo cercare di utilizzare la nonviolenza come misura a lungo termine per porre freno a qualsiasi tipo di terrorismo. Ma occorre una strategia a lungo termine, molto ben articolata. Il modo appropriato per ricomporre le divergenze è il dialogo, il compromesso, la negoziazione, gestiti con umana comprensione e umiltà. Dobbiamo prendere atto che una pace autentica deriva dalla reciproca comprensione, dal rispetto reciproco e dalla fiducia. Come ho già detto, i problemi dell’umanità vanno risolti con un approccio umano, e la nonviolenza è l’approccio umano.
In questo contesto, punire un intero paese per le malefatte di un nemico che non si riesce a trovare potrebbe rivelarsi inutile. Affrontare il genere di situazioni con cui ci stiamo confrontando ora richiede una prospettiva più vasta. Da una parte, non possiamo identificare un gruppetto di persone e addossare a loro tutte le colpe, ma neppure possiamo prendercela con un intero paese, perché inevitabilmente causeremmo sofferenza a degli innocenti, esattamente come è accaduto negli USA l’11 settembre.
A proposito degli attentatori
Anche coloro che hanno perpetrato i violenti attacchi dell’11 settembre sono esseri umani. Se fosse capitato qualcosa di simile alla loro famiglia o ai loro amici, presumibilmente anche loro avrebbero provato dolore e sofferenza. E come esseri umani anche loro avrebbero avuto il desiderio di impedire questa sofferenza. Quindi dobbiamo fare lo sforzo di cercare di capire che cosa li ha spinti a comportarsi nel modo in cui si sono comportati, se davvero vogliamo che in futuro non si ripetano simili atrocità. Personalmente ritengo che l’odio e le emozioni distruttive che hanno prodotto gli attacchi dell’11 settembre si dimostreranno completamente controproducenti ai fini della causa, qualunque essa sia, che gli attentatori avevano sposato.
Il mondo in cui viviamo oggi non è più semplice come una volta. E’ complesso e tutte le sue parti sono interconnesse. Dobbiamo prenderne atto e comprendere che per poter risolvere completamente un problema dobbiamo agire in accordo con la realtà. Per esempio, con l’economia globale che si sviluppa, ogni nazione diventa - in misura maggiore o minore - dipendente da tutte le altre. L’economia moderna, così come l’ambiente, non conoscono confini. Persino paesi apertamente ostili tra loro devono collaborare quando si tratta di utilizzare le risorse del pianeta. Spesso, per esempio, dipendono dalle stesse risorse idriche. E più diventano interdipendenti le nostre relazioni economiche, più ancora lo devono diventare le nostre relazioni politiche.
Quando trascuriamo intere parti dell’umanità, non solo ignoriamo la natura interdipendente della realtà, ma anche la realtà stessa della nostra condizione. Nel mondo moderno, gli interessi di una particolare comunità non possono più essere considerati semplicemente una questione interna. E questo è un concetto che cerco di condividere con chiunque ovunque io vada. Gli orrendi eventi dell’11 settembre hanno reso ripugnante il terrorismo per chiunque, al mondo. E dunque ciò che è accaduto ha di fatto danneggiato qualsiasi cosa i terroristi cercassero di ottenere.
Che cosa possiamo imparare da questi tragici eventi?
Questi tragici eventi ci offrono una grande opportunità. C’è la volontà globale di opporsi al terrorismo. Possiamo sfruttare questo consenso generale per mettere in atto misure preventive a lungo termine, una soluzione decisamente più efficace che intraprendere azioni violente e drammatiche dettate dalla rabbia o da altre emozioni distruttive. La tentazione di reagire con la violenza è comprensibile, ma un approccio decisamente più cauto sarà di maggior beneficio.
Le cause di tanta violenza
Questa violenza è stata provocata da generazioni di sofferenza e risentimenti. Da Buddhista sono convinto che dietro a ogni evento ci siano cause e condizioni. Alcune cause possono essere recenti, ma altre vanno fatte risalire a decenni, se non secoli, addietro: il colonialismo, lo sfruttamento delle risorse naturali da parte dei paesi sviluppati, la discriminazione, i pregiudizi e il crescente divario tra ricchi e poveri. Anni di negligenze e indifferenza nei confronti della povertà e dell’oppressione possono essere tra le cause che hanno fomentato il terrorismo. E’ evidente che gli attacchi terroristici negli USA, così tremendi, dolorosi e orribili, sono il culmine di una serie di fattori.
Chi sono questi terroristi?
E’ un errore riferirsi a loro come “terroristi islamici”. Nessuna religione sostiene il terrorismo. L’essenza di tutte le grandi religioni è la compassione, il perdono, l’autocontrollo, la fratellanza e la carità. Ogni religione ha il potenziale di rendere forti i valori umani e di far crescere un’armonia generale. Ma certe persone distorcono le credenze religiose per i loro scopi. C’è gente che usa la religione come paravento per coprire i propri smisurati interessi; per questo sarebbe sbagliato biasimare una religione in particolare. Le divisioni religiose sono tornate ad essere pericolose ma, di nuovo, il pluralismo - cioè la libertà di ciascuno di praticare la propria fede - fa parte ormai del tessuto della società contemporanea. Il Buddhismo può andare bene a me, ma non posso certo dire che vada bene anche per voi o per chiunque altro.
Ai cittadini americani
L’America è un paese democratico. E’ una società aperta e pacifica, in cui gli individui hanno tutte le opportunità per sviluppare il proprio potenziale e la propria creatività. Dopo questi terribili attentati, tutti abbiamo visto la buona volontà con cui gli americani, soprattutto i newyorkesi, si sono aiutati l’un l’altro. E’ di vitale importanza preservare questa alta moralità, questo spirito americano. Spero che le persone riusciranno a tenere alto il loro morale, accolgano una prospettiva più ampia, giudichino con calma che cosa è meglio fare.
Spero e prego che tutti mantengano la calma. Questi terribili eventi sono il risultato dell’odio, della miopia, della gelosia e, in alcuni casi, di anni di lavaggio del cervello. Personalmente non posso capire qualcuno che dirotta un aereo con tutti i passeggeri a bordo e scatena una simile devastazione. E’ inimmaginabile. Ma questi non sono stati gesti dettati da emozioni negative spontanee. Sono il risultato di un'accurata pianificazione, il che non fa che renderli ancor più terribili. Questo è un altro esempio di come la nostra intelligenza umana, così raffinata, e la sofisticata tecnologia che ha saputo produrre possano condurci a risultati disastrosi. E’ mia profonda convinzione che questi tristi eventi sono stati provocati da emozioni distruttive. Se riusciremo a creare un mondo più pacifico, dipende esclusivamente dalla nostra motivazione e dal tipo di emozioni e attitudini che coltiveremo dentro di noi.
Sono sicuro che tutti sono d’accordo sulla necessità di sconfiggere la violenza, ma se dobbiamo eliminarla in modo definitivo, dobbiamo innanzi tutto esaminare se essa ha o meno un qualche valore. Da un punto di vista pratico, possiamo pensare che occasionalmente la violenza possa addirittura essere utile: con la forza i problemi si risolvono molto in fretta. Tuttavia questo tipo di successo è a discapito dei diritti e del benessere degli altri. E come risultato, anche se un problema è stato risolto, il seme di un altro è stato piantato.
Se la vostra causa è sostenuta da un ragionamento solido, non vi è motivo di fare ricorso alla violenza. Sono coloro che non hanno altre ragioni se non il proprio egoismo e che non sono in grado di raggiungere il proprio obiettivo attraverso un ragionamento valido che fanno ricorso alla forza. Anche quando c’è disaccordo in famiglia o tra amici, chi ha motivazioni valide può esporle una dopo l’altra e affrontare una discussione punto per punto, mentre chi non è sostenuto da alcun ragionamento cade facilmente preda della rabbia. Dunque, la rabbia è indice di debolezza, non di forza.
Infine, è importante esaminare la nostra motivazione e quella dei nostri oppositori. Ci sono tante forme di violenza e di nonviolenza, ma non siamo in grado di distinguerle esclusivamente da fattori esteriori. Se la nostra motivazione è negativa, l’azione che produce è - in senso profondo - violenta, anche se può apparire subdolamente gentile. Al contrario, se la nostra motivazione è sincera e positiva, ma le circostanze richiedono un comportamento fermo, di fatto stiamo praticando la nonviolenza. In ogni caso, credo che una preoccupazione compassionevole per il benessere degli altri - e non solo per noi stessi - sia l’unica giustificazione per l’uso della forza.