Thekchen Chöling, Dharamsala, HP, India, 17 settembre 2020 - Oggi, in occasione del suo settantesimo compleanno, Sua Santità il Dalai Lama ha inviato una lettera al primo ministro Narendra Modi augurandogli molti giorni felici come questo e pregando per la sua continua buona salute.
"Questo è stato un anno eccezionalmente difficile - scrive - per i popoli e le nazioni di tutto il mondo a causa della continua minaccia del coronavirus. È mia sincera speranza che la comunità internazionale, lavorando insieme, possa contenere la sua diffusione in tempi brevi e che presto vengano sviluppati vaccini adeguati". In India, le autorità centrali e statali stanno facendo tutto il possibile per alleviare le difficoltà che la popolazione deve affrontare. Vorrei esprimere il mio profondo apprezzamento per le misure appropriate che avete adottato per affrontare le enormi sfide che questa crisi ha comportato.
"Oltre alle minacce alla loro salute - sia mentale che fisica - le persone in tutto il mondo si trovano ad affrontare la perdita dei mezzi di sussistenza, mentre l'educazione dei loro figli è stata interrotta. Queste circostanze hanno portato all'ansia e a un profondo senso di disagio, soprattutto tra molte persone comuni.
"La gente spesso mi chiede come affrontare la serie di sfide che li attendono. Suggerisco di guardare ogni problema da diverse angolazioni in modo realistico. Tengo a mente il consiglio dello studioso indiana dell'VIII secolo Shantideva, che raccomandò di esaminare se il problema che abbiamo di fronte poteva essere risolto. Se c'è una soluzione, quello che dobbiamo fare è lavorare per metterla in atto; se non c'è, continuare a preoccuparsene è una perdita di tempo.
"Sono convinto che in tempi incerti come questi, la pratica indiana secolare della condotta non violenta - 'ahimsa', sostenuta da una motivazione compassionevole - 'karuna', espressa come una sincera preoccupazione per gli altri, non è solo rilevante, ma anche necessaria se vogliamo andare avanti in modo calmo e raccolto".
Sua Santità ha concluso la sua lettera osservando che i tibetani hanno a lungo considerato l'India come l'Arya Bhumi, aggiungendo,
"Negli ultimi 61 anni, è stata anche la nostra casa di noi, della comunità tibetana in esilio. Colgo l'occasione per esprimere ancora una volta la nostra profonda gratitudine al governo e al popolo indiano per la calda e premurosa ospitalità che abbiamo ricevuto".
