Zurigo, Svizzera - Questa mattina, lasciando la tranquillità di Darmstadt, dove la bicicletta è un mezzo di trasporto più utilizzato, Sua Santità il Dalai Lama è stato accompagnato a Heidelberg. Raggiunta questa pittoresca località sul fiume Neckar, è stato ricevuto in municipio dal sindaco. Dopo aver salutato la folla riunita nella piazza, Sua Santità si è voltato per salutare anche la gente che lo guardava dalle finestre dei palazzi circostanti.
All'interno del Municipio, Sua Santità ha ricevuto un benvenuto ufficiale ed è stato invitato a firmare il Libro d'Oro degli ospiti d’onore della città; poi c’è stato uno scambio di doni. Quando Sua Santità è entrato nell'auditorium ed è salito sul palco, ha ricevuto un caloroso applauso delle oltre 1500 persone presenti in platea.
Nel suo discorso di benvenuto, il sindaco Eckart Würzner ha esaltato le virtù della città di Heidelberg. La sua Università attrae studenti da numerosi Paesi ed è considerato uno dei 50 migliori atenei al mondo. In città vivono persone provenienti da 160 differenti nazioni e tutti considerano la diversità una risorsa, non una minaccia. Il sindaco ha ricordato che è possibile imparare a coltivare e raggiungere la felicità ed è lieto di di poter dire che una scuola ha già introdotto questo tema nel proprio curriculum.
Durante una breve parentesi musicale, un quintetto di fiati e archi ha suonato un delizioso pezzo di Mozart.
Il direttore del German American Institute, Jakob Kollhofer, ha detto a Sua Santità che è un grande onore accoglierlo a Heidelberg e lo ha definito un esempio vivente di pace e compassione, famoso per il suo sorriso benevolo. Sua Santità, ha aggiunto, è stato un rifugiato per 60 anni, durante i quali il suo aspetto e la sua condotta non sono cambiati. Nel dargli il benvenuto a questo festival della scienza, in quella che è diventata una città della scienza, Kollhofer ha invitato il Dalai Lama a condividere i suoi pensieri sulla felicità e la responsabilità.
"Buongiorno, cari fratelli e sorelle. Voglio dire subito che i 7 miliardi di esseri umani che oggi vivono su questo pianeta sono emotivamente, mentalmente e fisicamente uguali. Tutti vogliamo una vita felice e non vogliamo soffrire. Abbiamo un cervello meraviglioso che è molto utile quando si tratta di analizzare e investigare la realtà. La nostra intelligenza può darci la pace della mente oppure può distruggerla. Usando la nostra intelligenza per comprendere i valori etici universali possiamo imparare a coltivare un buon cuore e un altruismo infiniti".
"Come hanno dimostrato gli scienziati, fondamentalmente la natura umana è compassionevole. Nostra madre ci ha dato alla luce, poi si è presa cura di noi con il massimo affetto. Se invece ci avesse trascurati, saremmo probabilmente morti”.
"La rabbia e la paura minano il nostro sistema immunitario, mentre la gentilezza porta la pace della mente. Pertanto, proprio come insegniamo ai bambini a rispettare l'igiene fisica per il bene della loro salute, dovremmo anche trasmettere loro una sorta di igiene delle emozioni. Per essere fisicamente e mentalmente in forma, hanno bisogno di imparare ad affrontare le emozioni negative e mantenere la tranquillità della mente. E per affrontare le emozioni è utile avere una “mappa” delle emozioni, una mappa della mente".
"Possiamo conoscere la “mappa” della nostra mente grazie alle ricerche condotte nell'antica India e attraverso pratiche meditative che permettono di coltivare la concentrazione e la capacità di analisi. Il Buddha praticò entrambi i metodi, e anche se queste tecniche sono descritte nella letteratura religiosa, possono essere esaminate e impiegate in contesto accademico”.
"Sono uno studente delle antiche conoscenze indiane della tradizione del Nalanda, basate sulla ragione e sulla logica. Il grande studioso del Nalanda Shantarakshita, che fu invitato in Tibet dall'imperatore nell'VIII secolo, istituì un sistema di educazione e pratica buddhista in cui ragione e logica giocano un ruolo cruciale”.
"Dopo essere arrivato in India, ho avuto l'opportunità di incontrare e discutere con gli scienziati. Sono stato ispirato dal consiglio del Buddha di non accettare ciò che egli stesso ha insegnato solo sulla base della fede, ma di metterlo alla prova e analizzarlo attraverso il ragionamento. Di conseguenza, il dialogo che conduco con gli scienziati da più di trent'anni è stato reciprocamente vantaggioso".
Kollhofer ha presentato i tre scienziati che avrebbero partecipato alla discussione con Sua Santità: la neurobiologa Hannah Monyer, il gerontologo Andreas Kruse e l'astrofisico Matthias Bartelman.
La dottoressa Monyer ha subito sottoposto una questione. "Lei sottolinea che siamo animali sociali ed effettivamente lo siamo, ma non siamo poi così diversi dai ratti. Anche i ratti, come gli esseri umani, naturalmente preferiscono aiutare i membri della propria famiglia più che quelli di altre".
"Siamo intelligenti", ha risposto Sua Santità, "abbiamo in noi seme di compassione fin dalla nascita. Usando la ragione e l'intelligenza possiamo aumentare il nostro senso di compassione e arrivare a capire come il suo contrario, la rabbia, sia dannoso. I nostri istinti biologici di compassione tendono ad essere mescolati con l'attaccamento. Questo genere di discriminazione non può essere trasformato in una grande compassione. Ecco perché prima di tutto dobbiamo sviluppare l'equanimità per poi imparare ad estendere la nostra amorevole gentilezza a tutta l'umanità”.
"Un aspetto che deve essere chiaramente compreso è che sia la compassione sia la rabbia fanno parte della mente umana, appartengono alla nostra coscienza mentale. Alcune coscienze dipendono dai nostri organi di senso. Durante il sonno, quando gli organi di senso sono dormienti la coscienza è più sottile. Tuttavia la coscienza ancor più sottile si manifesta al momento della morte ed è indipendente dal cervello".
"Questa è non è una visione dualistica?" ha replicato la dottoressa Monyer.
"All'inizio del XX secolo gli scienziati ritenevano che la coscienza dipendesse interamente dal cervello", ha risposto Sua Santità. "Alla fine del secolo, la neuroplasticità ha dimostrato che i cambiamenti nel cervello possono essere attribuiti anche a cambiamenti a livello della coscienza".
Il dottor Matthias Bartelman ha domandato se l’umiltà è un valore anche nell’ambito scientifico. Sua Santità ha risposto di sì e la conversazione è proseguita ribadendo il fatto che siamo tutti dipendenti gli uni dagli altri; dipendiamo dalla comunità in cui viviamo.
Il gerontologo Andreas Kruse ha annunciato a Sua Santità di avere tre domande: "Ritiene che il legame tra felicità e responsabilità abbia un significato?” Il Dalai Lama ha risposto che questa sembrava una domanda filosofica sul genere di “perché siamo qui?”, e ha detto che la risposta, da un punto di vista religioso puà essere “Sì, perché è la volontà di Dio” oppure “Sì, a causa del karma”.
Il dottor Kruse ha riferito che le persone anziane ritrovano uno scopo nella vita nel potersi prendere cura dei membri più giovani della propria famiglia. Tuttavia, quando soffrono di condizioni degenerative, come la demenza, vengono escluse da questo tipo di impegno e sono i giovani a sentire la responsabilità di prendersi cura di loro. Kruse ha introdotto il concetto di "situazioni di confine", proposto per la prima volta da Karl Jaspers, psichiatra e filosofo svizzero-tedesco formatosi a Heidelberg.
Sua Santità ha risposto che gli sembrava una osservazione filosofica complicata. Tutto è relativo; nulla ha un'esistenza indipendente e ha citato come esempio il tempo. "Il tempo esiste? Dov'è il presente visto che il tempo è sempre in movimento?”
Rispondendo alle domande del pubblico, Sua Santità ha ribadito la necessità di fare in modo che il XXI secolo non ripeta le violenza del XX; il XXI secolo dovrebbe essere un'era di dialogo e i problemi dovrebbero essere risolti attraverso il dialogo, non con il ricorso alla forza.
Invitato a spiegare perché non è intervenuto nella crisi dei Rohingya in Birmania, ha risposto di essere al di fuori di quel conflitto, ma di aver parlato e scritto ad Aung San Suu Kyi dicendole che avrebbe potuto fare di più. Ha consigliato i buddhisti birmani di ricordare il volto del Buddha, quando si sentono in preda della rabbia.
Kollhofer ha concluso la sessione osservando quanto le parole di Sua Santità fossero state di grande ispirazione per tutti i presenti e lo ha ringraziato per essere tornato ancora una volta a Heidelberg. Sua Santità ha risposto: "Per creare un mondo più felice e più pacifico, dobbiamo iniziare a livello individuale. Il cambiamento inizia dal singolo individuo e si propaga attraverso la comunità".
Sua Santità è stato invitato a un pranzo d’onore nel foyer del municipio, al termine del quale ha raggiunto Mannheim, da dove è volato a Zurigo. I tibetani lo attendevano per il tradizionale benvenuto all'esterno dell'hotel: bandiere tibetane issate lungo i viali dell’albergo e giovani artisti tibetani che si sono esibiti nel "Chema Changpu".
Sua Santità ha salutato tutti i tibetani che si erano riuniti per dargli il benvenuto, individuando tra loro anche alcuni vecchi amici. Nella hall è stato accolto dall'abate, presidente e direttore dell'Istituto Tibetano Rikon e da altri monaci e lama.
Domani parteciperà alle celebrazioni presso l'Istituto Tibetano Rikon.